EUSEBIO
DI RINO SCIOSCIA
Il 5 gennaio del 2014, a causa di un arresto cardio-circolatorio, se ne andava il più grande mito della storia del calcio africano. Un campione di classe mondiale: di nascita e di fisico africano, brasiliano di tecnica, ed europeo di passaporto. Di chi parliamo? Della “Pantera Nera” : Eusebio da Silva Ferriera, per la grande Storia del Calcio mondiale, semplicemente Eusebio.
Nato il 25 gennaio del 1942 a Lourenço Marques, oggi Maputo, in Mozambico, Africa sud – orientale, fino a 18 anni visse e giocò a calcio in quella che fu, fino al 1975, colonia portoghese.
Eusebio giocava, come tutti i suoi coetanei, a piedi nudi e con la palla fatta da calzini, riempiti con carta di giornale. Adolescente, dal fisico in via di formazione, entrò a far parte dello Sporting Lourenço Marques, allenato dall’ex portiere italiano Ugo Amoretti. Fu proprio questi che, constatato il talento del ragazzo, chiamò in Italia e, magnificandone le non comuni doti tecniche, propose l’ingaggio del giovanissimo Eusebio a varie società, tra le quali la Juventus. La società cara alla famiglia Agnelli, per la verità, si convinse subito a prenderlo, ma la madre della futura “Pantera Nera” non volle sentire ragioni e rifiutò categoricamente il trasferimento in Europa di suo figlio.
Fu nel 1960 che l’ex centrocampista brasiliano Bauer vide giocare Eusebio e subito lo propose al suo vecchio compagno di nazionale Bela Guttman, a quel tempo tecnico del Benfica. Fu la volta buona per l’arrivo della futura Pantera Nera in Europa, perché la madre, e soprattutto il fratello maggiore di Eusebio, lasciarono che il ragazzo fosse libero di inseguire il sogno di diventare un campione, convinti anche da un gran bel gruzzolo di escudi portoghesi.
Non aveva neppure 19 anni quando il talento del Continente nero fece il suo ingresso nel calcio che contava, quello europeo. Dopo qualche apparizione nella coppa e nel campionato portoghese, Eusebio cominciò a far parlare di sé oltre la Penisola iberica. L’occasione la offrì il torneo internazionale di Parigi, dove partecipava anche il Santos del grande Pelè. Fu proprio nella sfida contro la leggendaria compagine brasiliana, che Guttman, dopo un pessimo primo tempo, al termine del quale il suo Benefica stava perdendo 4-0, si decise ad impiegare Eusebio. Il 19enne attaccante importato dal Mozambico fece strabuzzare gli occhi agli spettatori presenti, perché in poco tempo realizzò una tripletta e causò un calcio di rigore, che purtroppo un suo compagno di squadra non trasformò. La partita finì 6-3 per il Santos, ma la copertina del prestigioso giornale francese “L’Equipe” fu tutta per Eusebio.
Il 1962 fu l’anno della consacrazione continentale della Pantera Nera, che, a soli 20 anni, conquistò con il Benfica la Coppa dei Campioni. La squadra portoghese vinse in finale contro il Real Madrid del grande Di Stefano, con un rocambolesco 5-3 (Eusebio fu decisivo perchè trasformò il rigore del 4-3 per i Lusitani) e a fine partita, quasi come un simbolico passaggio di testimone, l’immenso talento spagnolo regalò la sua maglietta al 20enne astro nascente del calcio portoghese.
A fine anno, Eusebio arrivò secondo nella classifica del Pallone d’oro, superato soltanto dall’asso cecoslovacco Josef Masopust. Nel 1963, la fama internazionale del talento africano si consolidò, anche perché il Benfica arrivò nuovamente alla finale della Coppa Campioni, contro il Milan di Altafini e Rivera. Dopo il primo tempo chiuso in vantaggio per i Rossi portoghesi, proprio grazie ad un gol del solito Eusebio, la squadra di Nereo Rocco, trascinata dalle invenzioni del Golden Boy italiano e dalla doppietta del centravanti brasiliano, riuscì a ribaltare il risultato ed a spodestare dal trono d’Europa la compagine lusitana.
Intanto, la Perla Nera continuava a crescere e a dominare la scena, sia in Portogallo, dove segnava gol a grappoli, vincendo scudetti e coppe nazionali, sia in Europa, dove il Benfica continuava a confermarsi “potenza continentale”. Così, a suon di reti personali ed affermazioni di squadra, la Pantera Nera riuscì a guadagnarsi finalmente il suo meritatissimo Pallone d’oro. Accadde alla fine del 1965, sebbene il 27 maggio di quell’anno, alla quarta finale in cinque anni, il Benfica avesse perso la Coppa Campioni a Milano contro la grande Inter di Helenio Herrera. Il talento di Eusebio, riuscì ad avere il massimo riconoscimento europeo individuale, anche perché, nella competizione continentale, l’asso portoghese aveva realizzato ben nove reti, laureandosi capocannoniere.
L’anno successivo, il 1966, quello dei Mondiali in Inghilterra, consacrò Eusebio a livello planetario. La classe sconfinata dell’attaccante lusitano consentì alla sua nazionale di arrivare sul podio mondiale. Il Portogallo si classificò al terzo posto, traguardo veramente storico per il piccolo paese iberico, e la Pantera Nera si laureò capocannoniere della competizione iridata mettendo a segno nove reti. Ben quattro gol Eusebio li realizzò nella rocambolesca sfida contro la Corea del Nord. Sotto di ben tre reti dopo appena 25 minuti di gioco, il Portogallo fu sospinto alla clamorosa rimonta dalla classe superiore di Eusebio, che, in poco più di mezzora di gioco, a cavallo tra primo e secondo tempo, tra il 27’ ed il 59’, mise nella rete dei Coreani addirittura un poker di gol, grazie al quale il Portogallo, con il risultato finale di 5-3, ebbe accesso ad una storica semifinale mondiale.
Alla fine di quella stagione, Eusebio arrivò a sfiorare il bis nell’assegnazione del Pallone d’oro, che, invece, fu appannaggio, in maniera quasi beffarda (per un solo punto) di Bobby Charlton, proprio il fuoriclasse inglese, che, con un suo gol, aveva impedito ai Portoghesi di approdare alla finalissima mondiale.
Grandissimo goleador, il fuoriclasse venuto dal continente africano raggiunse l’espressione massima della sua prolificità nella stagione 1967-1968, quando fu capace di mettere alle spalle dei portieri avversari ben 42 reti nel campionato portoghese e 6 gol nella Coppa dei Campioni, portando il Benfica fino alla finalissima contro il Manchester United.
Purtroppo i Rossi portoghesi furono sconfitti dagli Inglesi per 4-1 ai tempi supplementari, dopo che, a pochissimi minuti dalla fine del tempo regolamentare, un’autentica prodezza del portiere Alex Stepney negò il gol vittoria ad Eusebio. Alla fine della stagione, per la Pantera Nera ci fu il riconoscimento della Scarpa d’oro come miglior realizzatore del Vecchio Continente.
Altra annata segnata dalla sua straordinaria prolificità fu senz’altro quella del 1973, nel corso della quale Eusebio segnò 40 reti aggiudicandosi il settimo titolo di capocannoniere portoghese e la seconda Scarpa d’oro.
Quella fu l’ultima annata ai massimi livelli internazionali per la Pantera Nera, che nel giugno del 1975, a 33 anni suonati, lasciò il Benfica. Dopo quindici stagioni di militanza nei Rossi di Lisbona, nel corso delle quali aveva messo a segno complessivamente ben 638 reti in 614 gare ufficiali, Eusebio disse addio all’Europa per tentare l’avventura negli Stati Uniti, dove stava nascendo un altro calcio, certamente meno tecnico, ma che offriva grandi prospettive economiche. Quattro anni dopo, nel 1979, quello che ancora oggi è considerato il più grande fuoriclasse mai nato sul suolo del continente africano, lasciò definitivamente il calcio giocato.
E’ passato ormai mezzo secolo da quelle favolose stagioni segnate dall’estro, dalla potenza, dalla fantasia e dalla classe che Eusebio dispensava agli occhi esterrefatti di tutti quelli che ebbero la fortuna di assistere alle sue partite (sia dal vivo che nelle dirette televisive), ma per loro, fortunati mortali, non possono non essere rimasti indelebili la spettacolarità dei dribbling in velocità, delle reti di potenza e precisione, delle movenze e di quei passi felpati della Pantera Nera.
Eusebio ancora oggi rimane un’autentica icona per il popolo lusitano, e per avere un’idea della sua incredibile importanza in Portogallo, basti ricordare che quando (il 5 gennaio del 2014) una crisi cardiaca pose fine alla sua vita, appena appresa la notizia della morte della Pantera Nera, il governo del piccolo stato iberico dichiarò addirittura tre giorni di lutto nazionale.